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Yuri Ragazzini

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Franco Bertoni said:

Un giovane scultore con la ceramica

Yuri Ragazzini, nato nel 1978, ha seguito i corsi dell'Istituto Statale d'Arte per la Ceramica di Faenza e poi ha collaborato con la Bottega Gatti, con l'Opificio Bertozzi e Casoni di Imola e con Ivo Sassi.
Scelte oculate che gli hanno permesso di entrare nella bottega fondata nel 1928 da Riccardo Gatti, maestro degli smalti a riflesso; nel laboratorio imolese dal quale sono uscite opere destinate alle Biennali di Venezia del 2009 e del 2011 e alle più importanti gallerie d'arte internazionali; nello studio dell'artista faentino che affermando “io sono la ceramica” intende ergersi a ultimo e unico detentore di specifiche conoscenze frutto di una lunga tradizione.
Queste frequentazioni, ben diverse tra di loro per interessi e finalità, sono state affiancate da una ricerca personale che ormai vanta un decennio di coerenti sviluppi caratterizzati da una predilezione per smalti preziosi e per magmatiche forme di derivazione largamente zoomorfa e fitomorfa.
Ragazzini, ricercando e lavorando, si è immesso, in realtà, in una lunga direttrice di marcia che proprio a Faenza ha trovato nel corso del XX secolo singolare affermazione sia per la presenza di artisti quali Angelo Biancini, scultore che ha intravisto nella ceramica la possibilità di rinverdire una grande tradizione italiana che si può fare risalire ai Della Robbia per opere di carattere religioso disseminate nei più importanti luoghi di culto italiani ed esteri, o Carlo Zauli che ha costretto la ceramica a dialogare con tendenze astratte o tardo informali; sia per il contributo dato dal Concorso Nazionale e Internazionale della Ceramica d'Arte che nel tempo ha virato da originarie vocazioni oggettuali verso l'arte tout court; sia, nei giorni a noi più vicini, per il costituirsi di un polo di attrazione per protagonisti del mondo dell'arte che in questo materiale hanno scoperto possibilità espressive non ottenibili altrimenti. Il tutto verso la scultura con la ceramica.
Una scelta che, cadute le ormai desuete e anacronistiche opposizioni tra gli artisti della ceramica e gli artisti con la ceramica, può portare anche Ragazzini ad esiti imprevisti poiché questo mezzo espressivo per tanto tempo relegato in ambiti “minori” o negletto sta dando segni di grande vitalità dimostrandosi particolarmente consono, per duttilità e metamorfismo, ad interpretare i dubbi e i sogni di una contemporaneità parimenti fluida e multiforme. Per non parlare della sua intima e connessa fragilità che, più della durezza del marmo o dell'eternità del bronzo, può diventare la più adeguata forma simbolica di tempi parimenti in continuo stato di precarietà e a rischio di rottura. E' la ceramica, ora, ad affascinare maggiormente coscienze manieristicamente inquiete e febbrili.
Su questa direzione Ragazzini si è orientato, in prima battuta, con ipotesi di relazione tra un ignoto rappresentato dalle interrogative forme che assumono le manifestazioni di dati naturali totalmente indifferenti all'avventura umana e la necessità di confrontarle con moduli, spesso geometrici, frutto del pensiero e del raziocinio. Questo tentativo, già percorso da Leoncillo e da tanti suoi emuli nel corso del Novecento, sta, nelle opere più recenti di Ragazzini, trasformandosi in una più piena accettazione di forze e forme che sono ben più forti dell'uomo e dei miti che lo hanno rappresentato o lo rappresentano. Senza più la necessità di una preventiva strutturazione della forma la liquidità dell'argilla può incunearsi agilmente nelle cavità di un universo interiore ed esteriore ancora sconosciuto o nascosto per poi solidificarsi in calchi misteriosi e inquietanti.
Si tratta delle ultime opere e alcune di queste (Terra e cielo e Simbiosi del 2012) ci sembrano le migliori della sua intera produzione. In esse scompaiono gli ormai stanchi segni di una retorica dell'umanizzazione e si dispiega una più piena disponibilità a indagare per il puro piacere di farlo, sapendo di non sapere.
E' un viaggio senza meta e senza scopi prefissati. Proprio per questo ne vale la pena.

One young sculptor and ceramics

Yuri Ragazzini, born in 1978, studied at the Istituto Statale d'Arte per la Ceramica in Faenza, Italy, before collaborating with the Bottega Gatti, with artists Bertozzi & Casoni in Imola and with Ivo Sassi.
Shrewd decisions which won Ragazzini a place in the workshop founded in 1928 by Riccardo Gatti, a master of reflective enamelling; the Imola laboratory which has produced works destined for the Venice Biennale in both 2009 and 2011 as well as some of the biggest international art galleries; the studio of an artist from Faenza who, in claiming “io sono la ceramica” (“I am ceramics”), intends to set himself up as the last and only holder of a specific set of skills and knowledge gathered from a longstanding tradition.
This experience, decidedly diverse in terms of subject matter and purpose, has been accompanied by personal research which now boasts a decade of cohesive developments characterised by a predilection for precious enamels and for magmatic forms of largely zoomorphic and phytomorphic derivation.
Ragazzini, through his research and work, submerged himself, in reality, in a long journey which, in Faenza itself, found, during the XX century, a successful affirmation both for the presence of artists such as Angelo Biancini, a sculptor who foresaw in ceramics the possibility of reviving a great Italian tradition which can be traced back to the Della Robbias in works of a religious nature spread throughout the most important places of worship in Italy and abroad, or Carlo Zauli, who forced ceramics to interact with abstract and later Informale trends; as well as for the contribution offered by the Concorso Nazionale e Internazionale della Ceramica d'Arte (National and International Ceramic Art competitions) which over time have veered away from their original object vocations towards art tout court; and also, most recently, for the creation of a centre of attraction for key figures in the world of art who have discovered in this material an unprecedented potential for expression. And all of this towards ceramic sculpture.
A choice which, with the now obsolete and anachronistic oppositions between artists of ceramics and artists with ceramics no longer apparent, may also lead Ragazzini to unexpected outcomes, as this means of expression for so long relegated to "minor" contexts or neglected is demonstrating signs of great vitality, showing itself to be particularly in keeping, in terms of its ductility and metamorphism, with interpreting the doubts and dreams of a contemporaneity which is equally fluid and multiform. And not forgetting its intimate and connected fragility which, more than the hardness of marble or the eternity of bronze, may become the most appropriate symbolic form of a time which is in an ongoing state of precariousness, with equal risk of shattering. It is ceramics, now, which most charms those restless and feverish minds.
This is the direction Ragazzini has taken, in the first instance, with the possibility of a relationship between an unknown represented by the interrogative forms that take on the manifestations of natural data completely untouched by human adventure, and the need to contrast them with forms, often geometric, the fruit of thought and reasoning. This attempt, already covered by Leoncillo and many of his rivals throughout the twentieth century, is, in Ragazzini’s latest works, being transformed into a fuller acceptance of forces and forms that are far stronger than men and the myths that once represented or now represent them. Without the need for prior structuring of its shape, the liquid clay can be easily wedged into the recesses of an interior or exterior universe which is as yet unknown or hidden and then solidifies in mysterious and disturbing casts.
These are Ragazzini’s latest works and some of them (Terra e cielo and Simbiosi made in 2012) may even be the finest of his entire production. In them, the now weary signs of a rhetoric of humanization disappear and a more complete willingness to investigate for the sheer pleasure of it unfolds, as we learn how not to know.
This is a journey with no pre-established destination or purpose. And for this reason precisely, it is more than worth it.

 

 

Yuri Ragazzini


“VARIAZIONI DELLO SPETTRO”

Lo spettro visibile è quella parte dello spettro elettromagnetico della luce che include tutti i colori percepibili dall’occhio umano, le lunghezze d’onda visibili occupano la cosiddetta “finestra ottica”. La finestra di cui voglio occuparmi è quella che si affaccia sulla nostra anima.
Il mio lavoro artistico si spinge appunto alla ricerca dell’insondabile, attraverso quei processi mentali che portano l’essere umano ad analizzare la propria intera esistenza, ponendosi tre quesiti che non trovano risposta: da dove veniamo, chi siamo, dove andiamo?
“Variazioni dello spettro” non è solo un titolo di copertina, ma rappresenta questa ricerca tentando di catturare ciò che non è percepibile con i cinque sensi, ma bensì con il sesto senso l’intuizione.
Il mio lavoro cerca di spronare l’emotività e la sensibilità di chi ne fruisce, stimolandone l’intuitività che da sempre spinge l’uomo verso la conquista di nuovi orizzonti.
Ogni individuo, per così dire, ha una sua “lunghezza d’onda” che gli permette di percepire fenomeni ed aspetti della vita in maniera assolutamente personale.
Ecco cosa intendo per “variazioni dello spettro”: variazione nel modo di vedere e percepire, una metafora che vuole testimoniare l’unicità della percezione di ogni singolo individuo.
Ogni mia opera può essere considerata come la tessera di un puzzle dove man mano che se ne delineano i contorni e la figura diventa meno evanescente, ci si avvicina sempre di più alla soluzione, ma senza mai raggiungerla, visto che molte delle tessere resteranno per sempre vaganti.
La chiave di lettura che permette di districarsi nello studio non lineare che ho intrapreso, è racchiusa negli elementi identificativi e fortemente caratterizzanti disseminati in ogni singola opera, proprio come veri indizi che possano mostrare il sentiero da percorrere. La ricerca del “divino” è rappresentata da simbolismi presenti in antiche culture.
Il cerchio, elemento di continuità e perfezione geometrica, la presenza del numero tre come rappresentazione della sacra Trinità, l’occhio della fenice simbolo di morte e resurrezione; questi ed altri elementi si legano attraverso linee e filamenti all’intera esistenza umana e ne divengono il tramite per mettere in comunicazione due mondi, terreno e ultraterreno.
Osservando parallelismi fra antiche civiltà e fenomeni misteriosi elaboro forme enigmatiche che si collocano libere e sinuose nello spazio creando un sicuro senso del ritmo. Non mancano riferimenti al rapporto di simbiosi tra uomo e natura ed alla stretta correlazione fra causa ed effetto. Madre Natura da premurosa può divenire minacciosa, per effetto appunto di sbagliate sinergie con l’essere umano.
La mia ricerca spazia dunque su molteplici fronti, ma vi è un unico filo conduttore che porta verso l’ignoto e la destinazione resta nebulosa ed irraggiungibile.

“VARIAZIONI DELLO SPETTRO”

The visible spectrum is the part of the electromagnetic spectrum of light which includes all of the colours which can be perceived by the human eye, the visible wavelengths which occupy the so-called “optical window”. The window which I want to talk about is the one which looks on to our soul.
My artistic work centres around research into the unfathomable, through those mental processes which lead human beings to analyse their entire existence, asking themselves three questions to which they cannot find the answers: where do we come from, who are we, where are we going?
“Variazioni dello spettro” (literally: Variations in the spectrum) is not just a cover title, it is also representative of this research, attempting to capture that which cannot be perceived with the five senses, but which requires the use of the sixth sense we possess, that of intuition.
My work seeks to inspire the emotivity and sensitivity of those who experience it, stimulating that intuition which has always pushed man to conquer new horizons.
Every individual, so to speak, possesses a unique “wavelength” which allows that individual to perceive phenomena and aspects of life in a totally personal manner.
That's what I mean by “variazioni dello spettro”: variations in the way we see and perceive, a metaphor which is intended to demonstrate the uniqueness of the perception of every single individual.
Each one of my works may be considered as a piece of a puzzle, in which as we fit together the outline and the image becomes less evanescent, we get closer and closer to the solution, but without ever reaching it, as so many of the pieces will always remain adrift.
The key to understanding which allows us to unravel the non-linear research which I have undertaken, is contained in the identifying and highly characteristic elements spread though each individual work, a set of real clues which may show us the path to follow. Research into the “divine” is represented by symbolism present in ancient cultures.
The circle, an element of continuity and geometric perfection, the presence of the number three as a representation of the Holy Trinity, the eye of the phoenix, a symbol of death and resurrection; these and other elements are linked through lines and filaments to the entire human existence and become a tool for communication between two worlds, ours, and the other-worldly one.
By observing parallels between ancient civilisations and mysterious phenomena, I create enigmatic forms which link together freely and sinuously in the space, creating a sound sense of rhythm. I also make reference to the symbiosis relationship between man and nature and the close correlation between cause and effect. Mother Nature, by caring, may become a threat, precisely because of incorrect synergies with man.
My research is valid, therefore, on several fronts, but there is a single running thread which leads us into the unknown, and our destination remains foggy and unreachable.

 

 


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